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Ambiente, sviluppo sostenibile e breakdown 2020

EDITORIALE

 

 

 

 

Realizzare questo numero non è stata una passeggiata, anche perché in pieno lockdown non si poteva uscire!

Battute a parte, affrontare un argomento complesso come questo è sempre una sfida intellettuale oltre che redazionale. Ogni tema mostrava di avere intrinsecamente un alto livello di eco-diversità e ogni argomento era strettamente collegato agli altri, come lo sono le singole parti di una costruzione: plinti, struttura, tamponamenti, copertura, impianti. Progettarla e realizzarla è stato un lungo lavoro per incastonare pensieri strategici come concetti di sviluppo o di circolarità e conseguenze puntuali come la raccolta differenziata o la rigenerazione urbana.

Eravamo all’inizio delle attività editoriali a gennaio ed avevamo appena avuto un’intervista col prof. Enrico Giovannini, poco prima dell’arrivo della pandemia per COVID 19, e ci siamo improvvisamente trovati in un mondo diverso da quello che abbiamo sempre conosciuto.

In questo contesto la sfida editoriale si è concretizzata attraverso la costruzione progressiva e fluida di scenari: da quelli ambientali, a partire dal cambiamento climatico, a quelli filosofici, psicologici e finanziari, affrontando naturalmente anche le politiche e gli strumenti di pianificazione per lo sviluppo sostenibile. Visioni differenti su scala internazionale, nazionale e regionale. E poi approfondire specifici temi con i focus sulle questioni chiave come quelli energetici, mobilità, sismica e altri evidenti sfogliando la rivista.

Al tempo stesso la crisi socio sanitaria globale ha progressivamente mostrato un significativo riverbero sulle istituzioni di ogni livello, dalla singola amministrazione locale fino all’Unione Europea: il dibattito si è infatti subito focalizzato su quale equilibrio fosse necessario trovare tra l’aspetto di sicurezza sanitaria e quello di sostenibilità economica, un trade off di difficile soluzione che si gioca sul delicato campo della tenuta sociale. Sotto il profilo ambientale, malgrado Goethe affermasse che “la natura non conosce pause nel suo progresso e sviluppo, e maledice ogni genere di inattività”, si è avuta invece la dimostrazione che il principale attore di questa nuova era dell’Antropocene è l’attività umana: durante il lockdown è migliorata la qualità dell’aria delle nostre città congestionate, si sono rivisti i delfini nei porti e, per la prima volta dopo molti anni, a Venezia l’acqua è diventata così trasparente da non sembrare reale. Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio, si tratta di una semplice conferma di quanto le incessanti e diffuse attività antropiche siano impattanti.

In particolare mi fa piacere citare l’Amministrazione regionale, che ha significativamente contribuito alla realizzazione del numero e che vive la trasformazione ambientale come la sfida più importante di questi anni, perché motore di sincronizzazione delle altre componenti della società. Questo anche attraverso il raffinato e impegnativo lavoro di coinvolgimento e coordinamento del vicepresidente Gianluca Cocco. Con lui, a conclusione dell’intero percorso editoriale, abbiamo provato, nel dialogo che segue, a fare sintesi e a tracciare le sfide che ci attendono.

Se dovessimo condensare in un claim questo numero, mi viene in mente questo: “Ripensare il progetto e l’azione”. La mitigazione e il contrasto ai cambiamenti climatici dovranno diventare prioritari, riducendo le emissioni gas alteranti; dovremo consumare diversamente, trasformando i processi produttivi, ottimizzando la mobilità e ricercando un diverso rapporto tra aree rurali e città; dovremo diminuire e migliorare qualitativamente il consumo energetico e di suolo e rigenerare l’urbano con cura.

È proprio partendo dalla cura del nostro territorio che sarà possibile adattarci agli effetti del clima che cambia: di fronte al continuo depauperamento ambientale e agli eventi improvvisi e inattesi (ma prevedibili e previsti) come quelli sismici o meteorologici, serve un grande lavoro di consapevolezza, responsabilizzazione e determinazione. Negli prossimi anni gli impegni già difficili per pianificare un futuro sostenibile si dovranno sommare anche allo sforzo aggiuntivo di una guerra contro un nuovo virus devastante, drammaticamente entrato nel nostro quotidiano, con un effetto domino che sta imponendo revisioni profonde alle modalità di intendere la socialità, il lavoro, le norme e la loro interpretazione. Esiste poi una dimensione personale e intima della pandemia, quella che agisce nella nostra psiche e che alimenta le nostre emozioni, ansie, preoccupazioni, che muta il nostro rapporto con gli affetti, con la dimensione domestica del vivere, modificando le relazioni sociali, la mobilità, il modo di agire, ma anche la conoscenza, l’apprendimento, la didattica e l’uso delle tecnologie. Una diretta conseguenza di questa mutata situazione è data dalla difficoltà di gestire gli strumenti normativi e di pianificazione dell’azione pubblica: senza criteri guida essi diventano fragili e incapaci di gestire fenomeni dinamici. La stessa democrazia si trova chiusa in un vestito così stretto da vedere limitati i propri movimenti (con la speranza che si tratti di un periodo limitato e transitorio). In questo contesto di instabilità, paradossalmente, sembrano invece accelerare alcune azioni di riforma, bloccate da anni perché ritenute di difficile attuazione. L’esempio dello smartworking è lampante: la pandemia è diventata un catalizzatore per l’utilizzo dei servizi online e dei processi di digitalizzazione. Di necessità virtù. Certamente in questi mesi c’è stata una scossa forte in questa direzione, ma c’è ancora molto da fare per rafforzare l’innovazione (che non è solo tecnologica), sia negli aspetti organizzativi e di management (responsabilità, autonomia, delega, gestione del tempo, coordinamento, auto-organizzazione, interfunzionalità, affidabilità …), che in quelli giuridici (privacy, cyber-security, trasparenza, open data, identità digitali), senza trascurare quelli legati alla produttività e creatività. C’è bisogno evidentemente di un salto di qualità, capace di vincere la diffidenza e di superare il paradigma che contrappone i servizi in presenza rispetto a quelli a distanza. L’uso delle tecnologie e dei metodi deve orientarsi anche verso lo sviluppo di nuovi contesti (es. assistenza domiciliare, ambienti funzionali all’apprendimento collaborativo online, eventi multimediali articolati, processi autorizzativi semplificati, intelligenza artificiale applicata, civic media, processi partecipativi intergenerazionali ecc.). Si possono aprire interessanti scenari di apprendimento misti, complementari a quelli tradizionali, dinamici, dove ricercare nuovi format che creano forme originali di organizzazione e costruzione del conoscere e del fare.

Questo complicato momento storico permette di resettare il nostro modo di operare, di pensare, di interagire aprendo un dibattito sulle nuove opportunità (e ovviamente sulle criticità) dei diversi modi di vivere: si tratta di un salto utile a farci capire il valore della prossimità e della mobilità lenta, ad apprezzare il valore e il senso dell’economia del terzo settore, della solidarietà, dei semplici gesti di attenzione, e perfino della finanza a servizio delle comunità locali e globali. Un nuovo senso di comunità di destino deve farsi strada, come lo stesso filosofo Mauro Ceruti, ci ha indicato, comunità, credo, più rivolte al comune senso del futuro e non solo del passato. Le domande aperte sono ancora moltissime, destinate a rimanere ancora a lungo senza risposta. Vorrei sottolinearne solo due, tra le tante che vengono in mente a tutti noi: la reazione a questo evento pandemico sarà capace di accelerare i processi di trasformazione verso un ambiente più resiliente e un mondo più sostenibile? Saprà scongiurare o rimediare al rischio di recessione, con soluzioni in campo sociale, ambientale ed economico capaci di superare i rischi che abbiamo voluto evidenziare in questo numero della rivista? Naturalmente solo gli storici del futuro saranno in grado di dirci se saremo stati capaci di risposte serie, intelligenti e adeguate all’altissimo livello della sfida che ci attende. Chiudendo questo numero sappiamo già che non ci fermeremo qui. Le prossime sfide editoriali che ci attendono avranno naturalmente stretto collegamento con ognuno degli articoli che pubblichiamo oggi, proprio per la caratteristica trasversale del tema ambientale. Occuparcene per quasi un anno è stato un arricchimento che speriamo possa essere contagioso per tutti i lettori. Prima di andare in stampa consentitemi di ringraziare oltre a ognuno degli autori, con cui si è instaurato anche un dialogo fecondo, tutto il team dell’Ordine, a partire dal Consiglio; in particolare ringrazio coloro che hanno attivamente collaborato: il Presidente Sandro Catta, il Vicepresidente Gianluca Cocco, coregista di questo lavoro, il segretario Stefano Zuddas i consiglieri Angelo Loggia e Federico Miscali e il collaudato team redazionale con Carmine Frau, Michele Salis e l’insuperabile grafico designer Alessandro Riggio.

Buona lettura

Il Direttore di inFORMAZIONE

Carlo Crespellani Porcella

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